In Italia stiamo assistendo a un processo di evoluzione delle norme che riguardano il tema della rigenerazione urbana: la macchina legislativa sembra essersi finalmente messa in moto per definire le coordinate degli interventi tesi a migliorare il patrimonio edilizio delle nostre città, a riqualificare le aree più degradate e a favorire progetti partecipati, innovativi e sostenibili. Il disegno di legge che andrà a disciplinare il settore è stato già approvato alla Camera nel 2016 ed è ora al vaglio del Senato: a breve quindi ci si aspetta che l’iter parlamentare si concluda positivamente.
Contemporaneamente – proprio perché la materia dell’edilizia è da sempre gestita dalle Regioni – molti governi locali si stanno impegnando per individuare soluzioni normative che diano slancio a questa tendenza. Lo scenario è ovviamente ancora composito e proprio negli ultimi tempi non sono mancate le polemiche.
Il Piemonte, per esempio, è stata una delle regioni più pronte e dinamiche a recepire le nuove tendenze in materia urbanistica ed edilizia e Torino è probabilmente la città italiana col più alto numero di interventi di rigenerazione urbana. La Toscana, pur senza adottare una normativa ad hoc, ha inserito il concetto di rigenerazione urbana nel più ampio contenitore della Legge n. 65/2014 (Norme per il governo del territorio), con uno specifico articolo che regola il consumo di suolo.
Il Lazio ha da poco messo in atto una svolta decisa, approvando e rendendo vigente dallo scorso 19 luglio la nuova legge per la rigenerazione urbana e il recupero edilizio. La Regione ha così deciso di interrompere le proroghe al Piano Casa e far confluire alcune delle disposizioni in esso contenute nella nuova norma. Nello specifico la legge fissa come obiettivi la limitazione del consumo di suolo, la riqualificazione delle aree degradate, il recupero di edifici dismessi o inutilizzati, l’aumento della sicurezza e dell’efficienza energetica oltre alla promozione di progetti edilizi e architettonici di qualità.
Sono previsti incentivi di superficie e volume per il rinnovo del patrimonio edilizio, per le opere pubbliche e per le cessioni di aree aggiuntive; tale premialità verrà garantita per tutti i progetti di demolizione e ricostruzione, nella logica di una concreta rigenerazione urbana delle zone più degradate e dei singoli edifici dismessi o in cattivo stato di conservazione. Gli interventi saranno consentiti in aree già urbanizzate, su edifici costruiti nel rispetto delle norme già esistenti, o già oggetto di precedenti sanatorie (la norma esclude espressamente i centri storici e le zone con vincolo di inedificabilità); dovranno essere rispettati tutti i requisiti minimi di sostenibilità ambientale ed energetica, oltre a tutte le misure per l’adeguamento antisismico. I Comuni avranno un ruolo primario nell’individuazione e nella realizzazione di progetti concepiti per offrire un reale miglioramento della qualità della vita dei propri cittadini. Consentiti anche i cambi di destinazione d’uso, a patto che restino tra categorie funzionali come indicato dal Testo Unico sull’edilizia del 2001: sono in ogni caso esclusi cambi di destinazione d’uso per l’apertura di strutture commerciali di media e grande portata. Entrano infine nelle disposizioni di legge anche agevolazioni per interventi su cinema, teatri e centri culturali, oltre a una proroga della norma che disciplina il recupero dei sottotetti.
Ci si avvia dunque verso un panorama normativo che, se opportunamente applicato e vigilato, ben definisce il futuro aspetto del territorio con il preciso scopo di tutelarlo e preservarlo dallo spregiudicato consumo di suolo.